Dal 1935 1l 1955 ho abitato a Largo Sanità, volgarmente chiamato “U MURIENE” (non ancora conosco l’etimologia di questo termine). Descriverò a puntate la vita che vi si svolgeva in tutti i periodi del anno, i giochi dei ragazzi, le condizioni igieniche, i lavori che vi si praticavano, i diversi personaggi che hanno lasciato un’impronta indelebile nel quartiere. Fino al 1944, anno in cui gli americani buttarono dagli aerei il “DDT” che riuscì a distruggere mosche e zanzare in tutta la città, questi pericolosi insetti spadroneggiavano per le strade, nella casa, ovunque.
In ogni casa, l’immondizia si raccoglieva in recipienti di lamiera che erano serviti in precedenza, nei negozi di generi alimentari, per mettere sardine o acciughe (la plastica era ancora sconosciuta). Bastava praticare due fori sul bordo ed infilarci del fil di ferro, e il raccoglitore era pronto. Era obbligatorio versare il contenuto (avanzi di cibo, brodaglie, roba solida) all’incrocio delle strade (au pentone). Una volta al giorno passava il netturbino con un carretto, chiuso ai quattro lati e trainato da un cavallo. L’addetto, munito di una pala abbastanza larga, raccoglieva tutto e buttava nel carretto. Mosche, zanzare ed insetti vari spadroneggiavano dovunque, si moltiplicavano, penetravano in ogni casa e si posavano sul cibo con grave pericolo di malattie a scelta. Cacciate, ma non uccise, dagli asciugamani, ritornavano alla carica. C’era una quantità enorme di cibo per gli uccelli insettivori, prime le rondini. Oggi si vedono pochissime rondini perché manca per loro il cibo adatto. Le migliori condizioni ambientali ed igieniche hanno sottratto il cibo agli insetti, questi non si sono moltiplicati ed è venuto a mancare il cibo per le rondini. Il proverbio “San Benedetto (21 marzo), la rondine sotto il tetto”, non risponde alla realtà. Erano tante le rondini, che un giorno feci la prova, stando sul terrazzo, ad allungare una canna; una cadde ai miei piedi. Dopo averla osservato da vicino, la rimisi in libertà.
“U MURIENE”, nei mesi estivi, si affollava di ragazzi che praticavano uno “sport” che non ho mai condiviso. Quelli più grandi, dai 14 ai 16 anni, avevano aiutanti più piccoli. I cacciatori si fabbricavano “A PALOMMA” in maniera artigianale. Impugnavano il manico (n. 1), un pezzo di mazza di scopa, con la mano sinistra. Con la destra tiravano con forza una cordicella (n. 2) di circa un metro che avvolgeva un rocchetto (u recelicchie). Il rocchetto (n. 3) girava violentemente, coinvolgendo nel giro vorticoso “a palomma” (n. 4), un pazzo di lamiera di cm 3 x 7, con le punte taglienti. Alla maniera degli aerei di allora, che avanzavano facendo avvitare l’elica nell’aria, e tenendo conto dei principi dell’aerodinamica, “a palomma”, roteando, saliva fino ad un’altezza di una trentina di metri. Le rondini, abbagliate dal luccichio del metallo, cercavano di afferrare col la bocca quello che credevano cibo ma si ferivano e cadevano mentre l’aiutante andava a prendere la preda. Il gioco crudele durava tutto il pomeriggio. Solo qualche giorno fa, uno di quei “cacciatori” mi ha rivelato cosa ne facessero delle rondoni uccise: <<Maiè, à fème iev assà…a chèse ce facemm nu bell suffrettille!>> (Maestro, la fame era parecchia e a casa ci facevamo un bel soffritto!). Altri ragazzi si arrampicavano sui pali della luce e lanciavano in aria piume sottili e cerchi di carta, per attirare l’attenzione delle rondini. Qualche rondine si infilava nel cerchio e, non potendo più battere le ali, cadeva al suolo. Sono un educatore e quindi ho voluto spiegare ciò a puro titolo d’informazione. Le rondini non ci sono più “recelicchie” non sono più in commercio e se qualcuno volesse provare a costruire il marchingegno stia attento agli occhi propri e di chi sta attorno. Non vorrei essere accusato di…istigazione a delinquere.
A cura di Domenico Tota
articolo già pubblicato su La Gazzetta di San Severo, 23 ottobre 2004